A fine agosto, il saldo del conto del Ministero del Tesoro presso la Banca d’Italia era pari a circa € 20 MD. Meno della metà rispetto all’ammontare di fine luglio E oltre 1/3 di quanto presente 12 mesi fa (€ 63MD). Sono note le polemiche, in queste settimane, in merito al superbonus 110%, a cui, così pare, si deve imputare la differenza. Non compensata, al momento, dalla terza rata del PNRR, che tarda ad arrivare (evidentemente qualche tassello manca ancora…).
Una situazione che il “costo” del debito pubblico rende più grave. Già nel corrente esercizio, infatti, la spesa per interessi potrebbe superare la iperbolica cifra di € 100 MD.
Da circa 15 mesi anche in Europa è iniziata la lotta “senza quartiere” all’inflazione. Il rigore imposto dalla BCE ha portato i tassi da – 0,50% all’attuale 4,25%, con probabile nuovo aggiornamento la settimana prossima di un altro 0,25%. Le conseguenze non lasciano spazio a molte interpretazioni: oggi un mutuo, su durate tra i 20 e i 30 anni, ha un costo che mediamente si colloca tra il 4 e il 4,50%.
Parlando di debito pubblico, il costo medio delle nuove emissioni, per l’anno in corso, si aggira intorno al 3,62%. Oltre il doppio rispetto a quanto è costato (percentualmente) l’anno scorso. Disarmante, poi, il confronto con il 2021 (solo 2 anni fa, ma sembra una vita fa), quando il costo lambiva lo zero (0,10%). Oggi, invece, sembra di essere tornati al 2011/12, uno dei periodi più bui per le finanze del nostro Paese.
In condizioni simili, il Tesoro ha la necessità di raggiungere almeno 2 obiettivi: garantire la “stabilità” del debito, preservandolo il più possibile dalla speculazione, e cercare di limitarne il costo.
L’emissione del nuovo BTP Valore, annunciata per i primi giorni di ottobre, va in questa direzione.
Con riferimento alla stabilità, già dall’anno scorso è in atto un “riposizionamento” della distribuzione del debito. A fine 2022 la fetta di debito pubblico in mano alle famiglie italiane era pari a circa € 199 MD. A distanza di neanche un anno, siamo ad oltre € 300 MD, vale a dire il 50% in più (per quanto rimanga ancora piuttosto elevata – 26,5%, per € 750 MD circa – la quota in mani straniere). La detenzione da parte della clientela privata “domestica” è sinonimo di “garanzia” in quanto normalmente le sottoscrizioni vengono portate a scadenza e non subiscono, quindi, i deflussi tipici di chi, invece, vuole “speculare” sul differenziale di prezzo, grazie anche al fatto che vengono previsti “incentivi”, quale il “premio fedeltà”, vale a dire una maggiorazione di tasso per chi li detiene fino a scadenza.
Il successo della prima emissione del BTP Valore (avvenuta solo 4 mesi fa, con una raccolta di oltre € 18 MD) ha fornito, quindi, precise indicazioni al Tesoro.
La più importante è che sui conti delle famiglie italiane è presente una liquidità piuttosto elevata, alla ricerca di rendimenti interessanti.
La seconda è che, per quanto i nostri conti pubblici non siano un esempio di “forza finanziaria”, l’Italia viene considerata un Paese, ora e in futuro, “solvibile”, al riparo, grazie anche “all’ombrello UE”, dal rischio default.
La terza che, grazie alla formula del tasso crescente, si riesce a “spuntare” un costo per emissione un po’ più basso rispetto al corrispondente titolo di pari durata, spostando in avanti nel tempo il maggior onere.
Per rendere ancora più appetibile l’emissione, è previsto il pagamento di cedole trimestrali, anziché, come è sempre stato per i BTP, semestrale: aspetto non secondario in quanto implicitamente fa aumentare il rendimento dell’emissione.
Ad oggi la quota di titoli a medio-lungo termine emessi dal Tesoro è stata pari a € 244 MD, cifra che copre circa l’80% del fabbisogno statale (senza contare gli oltre € 110 MD di BOT emessi nello stesso periodo). Non è detto, quindi, che la nuova emissione, visto il precedente, non copra la differenza, rinviando all’anno prossimo le nuove emissioni in calendario.
Ancora una giornata controversa per gli indici americani. Bene il Dow Jones, che ha chiuso le contrattazioni in territorio positivo, seppur di un modesto 0,17%; meno bene è andata al Nasdaq (- 0,73%), “zavorrato” da Apple (- 3%), dopo che le autorità cinesi hanno vietato l’uso dell’Iphone da parte dei dipendenti pubblici.
Questa mattina borse del Far East in arretramento: a Tokyo Nikkei a -1,18%, mentre ad Hong Kong l’Hang Seng arretra dell’1,3%.
Va meglio per Shanghai, che recupera la parità.
Indicazioni positive dai futures, ovunque positivi, con rialzi intorno allo 0,20/0,30%.
Continua il (leggero) ritracciamento del petrolio, con il WTI sotto i $ 87 (86,45, – 0,59%).
Gas naturale Usa $ 2,614 (+ 1,24%).
Oro a $ 1.932 (+ 0,36%).
In recupero lo spread, appena sotto i 170 bp (169.9).
Btp al 4,33%.
Bund sempre a 2,60%.
Treasury Usa 4,22%.
Sempre in area 1,72 l’€/$.
“Valica” la barriera dei $ 26.000 il bitcoin ($ 26.247).
Ps: domani saranno 25 anni dalla scomparsa di Lucio Battisti, la persona che forse più di tutte ha cambiato la musica italiana, le cui canzoni hanno accompagnato e continuano ad accompagnare una moltitudine di generazioni. Alzi la mano chi non lo ha cantato. E chi non ricorda almeno qualche sua strofa. E chi non si è identificato, sempre almeno una volta, nelle situazioni che i suoi testi ben raccontavano. Siamo “quello che mangiamo”. Ma anche la musica che ascoltiamo (o abbiamo ascoltato).